Oggi il fuoco brucia bene nella stufa e mi sono cucinata qualcosa di vero da mangiare.
Ho comprato ieri le verdure tramite l’Ortaccio di Vicopisano, ma rientrata a casa non ho avuto voglia di lavarle, mettermi ai fornelli e bla bla bla. E’ stato un piccolo disastro anche con la stufa, che si è rianimata da sola dopo un’ora che avevo sventolato bandiera bianca. Avevo solo pezzi grossi e un po’ di cartone, una scatola da vino che aveva anche un brutto odore quando bruciava.
Dopo 10 minuti la stanza era invasa dal fumo, il poco calore che avevo prodotto si è dissolto aprendo la finestra, cosa che dovevo necessariamente fare.
Avrei pensato che sarebbe arrivato prima questo tempo, ma sono molto contenta che sia arrivato nel momento giusto, dopo essere stata nel bosco a prendere un po’ di erica secca ed essermi preparata una gustosa cena. Adesso mi aspetta una chiamata, qualche parola da dischiudere sopra la coperta, senza fretta e una bella dormita che mi riforgi prima di domani mattina.
Una bella serenità che ripulisce la mente questo fatto di prendersi cura delle cose che hanno a che fare con sé e il proprio sostentamento, ancora più bello quando accade naturalmente, e sembra quasi un dono. Sembra essere arrivato da chissà dove, ‘dall’alto’, invece sono stata io con queste mani e questi piedi, forse però l’ispirazione nasceva a guidarmi da territori ridesti a cui fortunatamente riesco a tornare. Avrei voluto scrivere molte cose di questo primo giorno a lavoro, le ho appuntate sull’agenda con la penna rosa a scrivere in una grafia stretta, stretta, fitta, fitta, il resto se l’è portato via il vento come una ninna nanna. Ed anche la notte, con la sua oscurità.
Sto iniziando a digerire il tramonto in modo diverso e noto questa dualità nei miei stati d’animo. Il giorno è sempre più offensivo, tira frecce dritte ai miei nervi inerpicati in contraddizioni e conflitti, il tramonto soppesa le accuse e passa il balsamo sulle richieste, fa luce insieme alle suppliche che tendo a me stessa perché sia grata di ciò che mi avvicenda e ritrovi sia fede che bussola. Così la notte si apre con un anelito di leggerezza, un sospiro nuovo sulla terra spenta. Un decoro posto dalla ‘non vedenza’ – ciecità della forma – del panorama. Qualcosa sfuma, le spalle si fanno più leggere, persino il respiro, la mente è più docile, si concentra solo su ciò che c’è, quindi la maglia si rilassa e pure i nervi si distendono per cena. Non capita sempre, ma forse qualcosa sto imparando per dosarmi con il mondo e la sua gravitazione continua, il suo ninnolio, la sua danza attorno a un asse, come una ballerina.
Amo questa giostra, il dolore e lo sforzo nasce solo dalla volontà a meglio percorrerla, essere all’altezza della compostezza, misura, stupore e meraviglia. Ci sono cose che ancora mi imprigionano e altre che mi richiamano come un sussurro, lavorare su tutto per far germogliare il mio sogno. Una vita in prospettiva in cui ci sia un po’ di tutto, e soprattutto questo percorso che porta sempre più in alto che è solo il punto attraverso cui guardare sempre più dentro di sé.
semplicemente.
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